La ribellione del numero by Paolo Zellini

La ribellione del numero by Paolo Zellini

autore:Paolo Zellini [Zellini, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2023-10-09T22:00:00+00:00


CAPITOLO QUINTO

I. «CREO FORME NELLA MIA MENTE...»

In cima alle creazioni (o scoperte) matematiche che precedettero la crisi dei fondamenti potrebbe porsi come effigie una riflessione dell’Iperione di Hölderlin: «Creo forme nella mia mente, ma ancora non so guidare la mia mano...».238 Quando Borel, all’alba del secolo, consigliava di aspettare, perché il transfinito non era ancora suffragato dall’appoggio di un sufficiente apparato di verità matematiche, alludeva proprio a questo: al darsi di un’immagine mentale ancora lontana e arretrata, troppo poco abitudinaria o familiare al lavoro matematico. Ma questa attesa, questa ἀδιαϕορία, non è tenuta a favorire una vera riconciliazione: quando la mente trasmette alla mano l’iniziativa, questa se la prende senza troppi complimenti, eliminando il suo beneficiario o lasciandolo indietro a una distanza incolmabile.

Wittgenstein insistette più di una volta sul carattere relativamente periferico del lavoro intellettuale, sul fatto che la mano avanza, per così dire, all’insaputa del cervello: «In una ricerca scientifica diciamo tutto il possibile; facciamo molte affermazioni di cui non comprendiamo il ruolo nella ricerca. Infatti non è che diciamo tutto con uno scopo preciso; piuttosto è la nostra bocca che parla. Avanziamo attraverso procedimenti tradizionali di pensiero, facciamo, automaticamente, delle inferenze in conformità alle tecniche che abbiamo appreso. E a quel punto dobbiamo anzitutto vagliare quanto abbiamo detto».239 Come dire, per usare ancora una metafora di Wittgenstein, che la mano è solita disegnare scarabocchi sulla carta, e che solo un successivo vaglio critico può ricavarne un senso compiuto.

Che un movimento della mano possa divenire automatico, nel senso proprio di un movimento contrapposto (μάτην) a un’intenzione razionale, fu immaginato in vari modi da Rilke. Nelle Storie del buon Dio il Creatore perde un diretto controllo di quel che si sta facendo sulla Terra. Le sue mani si muovono a sua insaputa, litigano fra loro, e la loro insubordinazione ben s’accorda con quella piccola distrazione, distrazione d’un minuto, che provoca l’irreparabile estraneità di Dio dalla storia del mondo. Si forma allora uno iato incolmabile tra il sapere e il vedere. Dio sa tutto, dice la storia; ma chi sostiene che Egli vede tutto è un angelo ribelle che interviene nell’istante in cui Dio si concentra sulla propria immagine per dar forma all’essere umano. L’angelo suggerisce che il nesso tra il mondo e il suo creatore resti intatto e continuo, ma forse non s’avvede che l’esistenza pretende l’arbitrio e la libera scelta, l’autonomia e la possibilità d’infrazione. Una tradizione vuole che il cerchio degli angeli ribelli sia il decimo,240 e che il dieci non sia il successore di nove se non al prezzo di una caduta e di un riscatto. Pretendere che Dio veda tutto è come volere che la creazione si snodi in una successione di istanti e di eventi distintamente percepibili, e che Dio conosca il mondo guardando nella lente distorta evocata dall’immagine di quella successione. Ma Dio guarda in altro modo, e l’idea di Lucifero è giustamente sincronica al prendere forma dell’uomo; di colui, cioè, che in quella lente dovrà guardare per davvero.

Nei Quaderni di Malte Laurids Brigge,241



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